martedì 17 giugno 2014

Noblesse oblige


Per tutte le situazioni, con buona pace di monsignor Della Casa, esiste un‘etichetta, un codice comportamentale o di vestiario da adottare. Quello che va rimarcato, è come questo codice cambi per cultura, momento storico e contesto in cui si registra un avvenimento. Spesso ci lamentiamo delle abitudini di altri popoli, che riteniamo antiquate superate o assurde, ma non dimentichiamo che gli antichi romani, che vengono continuamente ricordati come esempio per tante cose, erano soliti sottolineare il gradimento per un pranzo con dei fragorosi rutti e dopo, tanto per gradire, vomitavano per ricominciare a scofanarsi. “Il boss delle cerimonie” ci ha già mostrato come un codice comportamentale esista anche al giorno d'oggi e riesca ad essere ancor più efferatamente primitivo di quello dei popoli ancestrali.  Tuttavia noi non siamo dei classisti dozzinali e abbiamo deciso alla viglia della stagione più tragica per i ricevimenti di darvi qualche dritta per fare bella figura al vostro prossimo ricevimento, rigorosamente made in S.Gennaro Vesuviano.

‘o tacco.

Cominciamo col must più ovvio per tutte le donne: le scarpe. Ovviamente, una qualunque occasione importante, necessita come minimo che la scarpa abbia un tacco sconsiderato, di altezza sproporzionata, o comunque tale da mettere a repentaglio la vita e le articolazioni di chi lo indossa, Tuttavia il vero tocco in più, la ciliegina sulla torta, è il fatto che la scarpa, qualunque essa sia, adda fa male! Ovviamente, colei che le indossa, deve far sapere al mondo intero che non riesce a camminare liberamente e deve ostentare smorfie di dolore e ferite lacerocontuse e sanguinanti ai presenti. Per gli over 50, a prescindere dal ruolo ricoperto, è ammessa la sostituzione d’o tacco, ma solo dall’arrivo al ristorante in poi, e solo con paposce-gioiello del valore minimo di 180 euro, pena la squalifica.

‘a ponta

Ovviamente, oltre al tacco, non poteva mancare la punta. Parliamo ancora di scarpe e del loro terminale anteriore, simbolo atavico della potenza, direttamente proporzionale all’importanza di chi le indossa. Punte tonde quadre o a baionetta, purchè lunghe, lunghissime, insensate. Decine di stivaletti pitonati e scarpe classiche in pelle di cormorano gravido si combatteranno a colpi di centimetri la leadership nel campo dello chic e dell’uccisione degli scarrafoni negli angoli del battiscopa. Male che vada, se doveste soccombere, mettete le scarpe in verticale ed attaccatele al portatile, con un’antenna così, prendono il wireless fino a 25 chilometri….

‘o tattuaggio

Elegante commistione tra la fredda traduzione dialettale e l’inglese tattoo, ‘o tattuaggio è un must assoluto per uomini e donne che si appropinquino ad un ricevimento. Maschi e femmine di ogni età si combatteranno lo scettro del più appariscente in una morra cinese grafica senza esclusione di colpi: Padre Pio sul bicipite batte il finto rosario al collo, ma perde con la sacra famiglia sul petto, mentre Maradona sul polpaccio sbaraglia chiunque, eccezion fatta per Mario Merola in versione Che Guevara. Le donne, avvantaggiate dal maggiore scollo dei vestiti, potranno sfoggiare fantasie floreali deformate sugli arti inferiori e citazioni dotte sulla schiena, dove i più raffinati opteranno per l’incisione degli abstract di tesi di laurea in sociologia e le vittime di tatuatori bastardi per un inconsapevole “stronzo chi legge” in ideogrammi cinesi.

‘a lampada

Da non confondersi con l’omologo complemento d’arredo, ‘a lampada è il vincolo cromatico più in voga nei ricevimenti di un certo spessore. Come diceva Franco Ricciardi, noi napoletani “simme tutti africani”, per cui nelle occasioni importanti non chiediamo di più che sembrare dei kenioti in gita premio. Il minimo sindacale consta nel riuscire a scurirsi almeno di dieci nuances rispetto al proprio colore naturale, quindici nel caso di parentela con gli sposi inferiore al secondo grado e poco importa se il collo è color panna mentre il mento ricorda un comò di fine ‘800, il maculato va sempre di moda. Apprezzata variante maschile è la tinta dei capelli, rigorosamente tendente al wengé, leggermente sbavata sulla cute del cranio a coprire i vuoti, meglio se accoppiata alla tintura dei baffi e del pizzo, onde evitare l’effetto dalmata.

‘a dedica

Chiunque voglia lasciare il proprio segno indelebile su una cerimonia, non potrà esimersi dalla dedica agli sposi. Il fratocuggino Pinuccio ha fatto i provini ad X Factor due anni fa? Come minimo, tra primo e secondo, dovrà prendere possesso del microfono ed intonare l’Ave Maria interpretandola come solo il grande Mario avrebbe saputo fare. Ossia malissimo. Vogliamo parlare allora di Titta, la cainata della sposa? Malgrado i suoi 128 chili, coltiva la passione per il rock acrobatico (anzi, “accrobatigo”, come ama ripetere) e non potrà che esibirsi a centro sala, per la gioia degli sposi e di tutti i sismologi del vesuviano. Non potevamo dimenticare Nonno Tatillo, che ha fatto il portiere per 40 anni e siccome scriveva le ricevute di pagamento del condominio, è conosciuto come "o poeta". Il vegliardo ha composto una poesia che reciterà sul palco rubando la scena per qualche minuto a Genny Scioc impegnato nella sua esibizione. La composizione  provocherà la somma commozione dei presenti, che lacrimeranno sulla fiducia, dato che a stento riusciranno a capire la voce impastata del nonno visto che alla quarta strofa se ne è venuta pure la dentiera. 

‘a machina

Può una famiglia presentarsi in un villone così sfarzoso da ricordare da vicino un’astronave di Star  Trek senza almeno una navicella di salvataggio? Diremmo proprio di no, ci sembra assurdo. E così, in un challenge esclusivamente di stampo virile, si ricorrerà a prestiti, noleggi e impupazzamenti della propria auto, il tutto al solo scopo di poter vincere il titolo di autista più appariscente. Se la vostra Matiz è ancora Daewoo e non avete potuto permettervi di meglio, sarà di grande effetto correre (o millantare di averlo fatto) oltre i 200 all’ora, magari brandendo con spavalderia una multa, o sedicente tale, comminatavi dalla stradale e strappata con fare di sfida nel bel mezzo della sala. Tanto, ‘a machina ‘a tene intestata ‘o nonno…

‘a busta

Ed eccoci al punto fondamentale della questione: ‘a busta. Lasciatevi alle spalle ogni remora, sarà questo il segno definitivo che vi farà tornare vincitori verso casa. Se già siete sposati, come minimo dovrete rispondere al fuoco inserendo dint’a busta lo stesso valsente regalatovi dai festeggiati poi, volendo, potrete dare un segnale di superiorità aggiungendo 50 euri, fare i gran signori aggiungendone cento oppure umiliare gli avversari puntando almeno sul doppio di quanto ricevuto. Ricordiamo che non è valido il principio del “chesto và pe’ chello”, ossia non si possono sopprimere le reciproche buste azzerando così l’un l’altro il debito, sarebbe troppo comodo.  'a busta va fatta, anche a costo di restituirla pari pari a chi ve l'ha regalata. E chissà mai che il ricevente non legga la cosa come un gesto di sfida e scateni la rissa, così finalmente a 'sti matrimoni si fa un po' di movimento, che altrimenti sai che palle....


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